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Un grande semiologo interroga, con laica ironia, "il segno dei tempi" attraverso le tracce lessicali della moderna Apocalisse e gli indizi di un'Ipercalisse globalizzata. Una navigazione, la sua, nell'arcipelago di parole che comunicano un mondo culturale impoverito e intricato. Un libro semiserio e drammatico, che nelle acrobazie lessicali, come nelle imprevedibili repliche alle interviste del succesivo volume, non contraddice mai la dichiarata predilezione didattica e orale di un grande cattedratico, ma ne svela invece un inatteso gusto per l'epigramma e una vena fin qui nascosta di polemista.